2007-04-21
I movimenti europei si danno appuntamento tra Copenaghen e Malmoe. Con qualche difficoltà e non pochi nodi da sciogliere. Intanto, preparano l'anti-G8 di giugno
I confini dell'Europa, si sa, variano a seconda se a deciderli siano il Consiglio e la Commissione, la Uefa o la Nato. E così, c'è un continente calcistico che comprende la Russia e uno militare che la esclude, ed entrambi non corrispondono a quello istituzionale. L'Europa dei movimenti a sua volta ha una Carta che ambisce a competere con il Trattato costituzionale affossato da francesi e olandesi, e soprattutto confini più larghi. Tanto che il prossimo Forum sociale ha seriamente rischiato di andarsene in Turchia dopo i no di Germania e Austria, e se per questa volta non è accaduto non è detto che nel 2010 il colpo non riesca.
Ma avere confini più larghi può comportare qualche problema. Ad esempio, quello di non poter bilocare il prossimo meeting continentale tra Copenaghen e Malmoe. Non tanto per la distanza, mezzora scarsa con il ponte sull'Oresund, quanto perché come la mettiamo con ucraini e bielorussi che dovrebbero raddoppiare i visti, uno per la Danimarca l'altro per la Svezia, pena raccontare un giorno ai nipoti solo la metà di un forum?
Dunque accadrà questo: che la decisione di portare per la prima volta il Forum sociale europeo nel nord dell'Europa, presa in un incontro del Comitato europeo a Lisbona, sarà seguita dalla scelta tra una delle due città indicate. Chi vincerà? Il borsino allo stato attuale pende per la città svedese, accreditata di una componente movimentista più forte e coesa non tanto nella società quanto nella rete che sottende all'organizzazione dei forum europei. Ma Copenaghen potrebbe spuntarla per ragioni più simboliche: è lì che il governo di centrodestra sta tentando di sradicare ogni presenza di cultura alternativa, a partire dalla storica comunità di Christiania; è lì che il comune a guida socialdemocratica ha da farsi perdonare lo sgombero turbolento dell'altrettanto storica «Casa dei giovani», dove fu «inventata» la festa della donna, e pertanto si è precipitato a dare la disponibilità ad accogliere il popolo dei social forum. Sta di fatto che per la prima volta dalla prima edizione, nel 2002 a Firenze, il Fse si sposta nel nord Europa. Certo, dopo Parigi c'era stata l'edizione londinese, ma le divisioni tra «orizzontali» e «verticali» che avevano spaccato il forum in due non erano riuscite a conquistare i libertari movimenti del nord. Per il resto, a fronte di una crisi del modello socialdemocratico e all'intrufolarsi del liberismo, delle destre e perfino di un certo integralismo religioso accompagnato a pulsioni identitarie anche nei tranquilli paesi scandinavi, non è mai corrisposto un impegno adeguato dei movimenti europei. Che invece si sono sempre concentrati a sud, al massimo tentando di avvicinarsi a est, come dimostra l'appuntamento dello scorso anno ad Atene.
Comunque, dopo ben undici mesi di un dibattito che ha testimoniato le difficoltà che attraversano i movimenti europei, ecco la fumata bianca. Ci si è arrivati grosso modo in questo modo: l'Italia è stata scartata per l'impossibilità di una gestione unitaria (leggi Ds che si spaccano, Rifondazione tra il governo, il «cantiere», la Sinistra europea e i dissensi interni, movimenti divisi), così come la Francia, dove alle prossime presidenziali sono ben quattro i candidati riconducibili all'area altermondialista (Marie George Buffet del Pcf, Olivier Besancenot della Lcr, Arlette Laguiller della Lcr e José Bové); qualcuno aveva pensato all'Ungheria, ma l'eccessiva debolezza dei movimenti rende impensabile al momento qualsiasi ipotesi di apertura a est; la Germania era in pole position, ma quando i sindacati hanno ritirato l'appoggio si è accontentata dell'anti-G8 di Rostock del prossimo giugno; troppe difficoltà anche per l'Austria e troppo decentrata la Turchia dopo il forum di Atene. Così alla fine è emersa la candidatura scandinava e i movimenti si sono dati appuntamento a settembre 2008. Nel frattempo, dovranno affrontare alcuni problemi, dalla perdita di slancio dei forum al come riuscire a recuperare o ad attirare movimenti che non si sentono attratti dal Fse (si pensi, per rimanere all'Italia, ai cosiddetti «territori» che oggi sono uno dei pochi luoghi di partecipazione attiva, dalla Val Susa a Vicenza). E ancora, come recuperare il distacco dal Forum mondiale che invece mantiene un certo appeal, e come rilanciare la mobilitazione e le campagne contro il liberismo e le guerre. Su quest'ultimo punto la delegazione italiana (Arci, Cobas, Fiom e rete Transform) è riuscita a ottenere che il prossimo anno, in assenza del Forum mondiale, fosse lanciata nello stesso periodo, e in coincidenza del Wef di Davos, una settimana di mobilitazione che dall'anno seguente dovrebbe trasformarsi in un vero e proprio «no-liberismo day». Nel frattempo, tutti danno appuntamento a Rostock. Torna un «classico» della contestazione, il G8. E a sei anni da Genova ci sarà ancora una zona rossa da assediare.
[http://www.ilmanifesto.it/g8/dopogenova/461a3daabb1d6.html]